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Negozi di paese: un cuore che deve continuare a battere

 

negozio

(di Francesca Bianchi) Riflettevo sul comune in cui vivo e sull’importanza che luoghi come questi debbano avere per chi ci abita. Le grandi città possono essere affascinanti seppur caotiche, ma il calore dei piccoli paesi ce li renderanno sempre cari al cuore tanto da non poter che definirli casa. I vicoli e le strade hanno un sentore familiare mentre le persone si conoscono quasi tutte e i luoghi portano alla mente ricordi di giovinezza.

Ma come ogni altra cosa dall’aspetto idilliaco anche le piccole realtà hanno i loro problemi da affrontare. Anni fa i comuni erano il fulcro della vita della gente, ci si incontrava, ci si salutava e si passeggiava per le vie del centro.

Da qualche anno a questa parte, però, le cose sono cambiate e la maggior parte delle persone ha sempre più la tendenza ad allontanarsi da questi luoghi, distaccandosi anche emotivamente dal proprio comune. Le vie si fanno deserte mentre ci si affolla nei centri commerciali, nelle grandi catene di supermercati e nei grossi centri urbani. E a rimetterci sono quelle persone che hanno deciso di credere nel loro paese e nei loro compaesani.

Aprire un’attività non è mai facile: bisogna investire tempo, denaro, sogni e speranze e chi crede in tutto questo rischia molto per un futuro incerto.

Aprire un negozio nel proprio paesino è come rendere indietro qualcosa alla comunità in cui si è vissuto, cercando la fiducia di chi ti sta vicino e ripagando con la passione per la propria occupazione. È ridar vita al luogo stesso che ci ha cresciuti, partecipando attivamente a questa realtà quotidiana, quasi intima.

Ma qualsiasi attività commerciale non è fatta solo da coloro che ogni mattina alzano la serranda e si mettono dietro al bancone. C’è un’altra variabile fondamentale che va considerata in questa formula: la clientela. Sono i clienti che, in parte, danno senso all’esistenza del negozio, sono loro che non solo con i loro acquisti ma anche con la loro presenza aiutano a sostenere l’economia del paese.

Peccato che, al di là delle parole, non sempre i commercianti ottengano un grande sostegno dai propri concittadini, non nella pratica almeno. Certe persone sono le prime a volere un paese vivo, ricco di attività, eppure sono le ultime a mettere piede in uno di questi negozi e a comprare qualcosa.

Pretendono che i bar rimangano aperti fino a tarda sera quando loro non andrebbero mai a prendersi un caffè se non (al massimo) una sera a settimana. Ricercano la qualità ma la denigrano per via di un prezzo più alto rispetto ai prodotti del supermercato, preferendo comprare prodotti pieni di sostanze chimiche dannose o di qualità più scadente, soprattutto per quanto riguarda la cura di sé, i prodotti alimentari (soprattutto di macelleria o pasticceria) e il vestiario.

Fosse solo un discorso legato ai problemi economici con cui molti devono fare i conti non sarebbe un fatto sorprendente, dopotutto sappiamo quanto possa essere difficile arrivare a fine mese se si sta vivendo un momento di crisi e magari si ha anche una famiglia alle spalle.

Il problema si pone quando le persone non soffrono di questa situazione ma semplicemente hanno un’indole viziata che ha portato a pretendere tutto senza mai dare niente in cambio, limitandosi magari  a dare una pacca sulle spalle.

Se tutti facessero così, chi ha deciso di aprire un’attività o un locale non avrebbe altra scelta che tirare giù la serranda e dichiarare il fallimento dato che non si vive di sola aria.

E ogni volta che un’attività chiude si è a un passo della città fantasma che tutti temono.

Entrate di più nei negozi, nei bar e negli altri esercizi commerciali del vostro comune. Aiutate le associazioni che vi operano, passeggiate per le vie del centro e tornerete a respirare quell’antica aria di familiarità che avvolge il nostro suggestivo territorio.

 

 

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Mauro Carabelli

Giornalista

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