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Non c’è due senza trash

trash

(di Elisabetta Riva)

Per citare le parole di un noto rapper italiano, la tv spazzatura ci sta letteralmente con il fiato sul collo: accendiamo la televisione e spegniamo la fantasia, la cultura, la curiosità, la creatività, la libertà, il sapere.

Bambini e adulti inebetiti di fronte alla scatola delle meraviglie, che di meraviglioso offre ben poco ultimamente, specie se facciamo riferimento ai programmi più in voga.

“Fortunata tu che hai la parabola: sei avvantaggiata, puoi guardare dei programmi più interessanti”. Non la definirei proprio come tale; i format elaborati dagli autori e trasmessi sulle principali reti italiane ed internazionali si sono trasformati in un ammasso inconsistente di mediocrità e di superficialità. Il grande cinema, i notiziari veritieri, i documentari sulla natura e i viaggi nella storia sono finiti nel dimenticatoio, nessuno ne fa più cenno o ne ha ricordo. Il trono dei “grandi colossi” della televisione è stato usurpato, e i responsabili chi sono? Talk show improbabili, opinionisti fuori posto, sentimenti sbeffeggiati e valori morali e personali alla mercè dell’italiano medio.

Per definizione, un buon format dovrebbe incarnare alcune caratteristiche, tra cui originalità, replicabilità ed esportabilità. Tuttavia, la lista di difetti sembra essere più corposa di quella dei pregi.

Tre sono, a mio avviso, i programmi che meritano di essere citati, tanto per la loro popolarità, quanto per la loro (poca) credibilità televisiva:  capolista è “Alta Infedeltà”, (di cui fino a poco fa non conoscevo l’esistenza) in cui i protagonisti sono attori che rivangano nel passato ricostruendo fedelmente le loro dinamiche relazionali, che sfociano in un tradimento. Il tutto è raccontato e impersonato da altri attori che recitano in uno scenario precostituito ad hoc. Più che interesse, un programma di questo tipo genera soltanto confusione.

Secondo in classifica è il “Grande Fratello” – no, purtroppo non mi sto riferendo al romanzo “1984” di George Orwell – ormai passato alla storia come programma cult, è impensabile non seguirne la diretta. Conduttrici che si contendono il titolo di presentatrice ogni anno, concorrenti che amano bivaccare per ottenere un po’ di visibilità, dibattiti senza sostanza e “prove speciali” a dir poco assurde.

In ultima posizione troviamo “Il contadino cerca moglie”, relativamente recente: un rustico gioco di incontri al buio, in cui una decina di giovani ragazze distinte cercano di conquistare i cuori di cinque contadini burberi e abituati alla vita agreste.

L’elenco potrebbe proseguire all’infinito, ma ritengo che il baratro in cui stiamo precipitando sia già abbastanza profondo. Ciò che preoccupa maggiormente è che sono proprio le nuove generazioni ad avvicinarsi a questa nuova era della televisione; e si sa, le menti giovani sono molto più malleabili e assorbono come spugne le informazioni propinate attraverso immagini, discutibili a mio parere.

Dove sono finite le lunghe passeggiate e i giochi all’aperto, la socializzazione, i libri? Li ha inghiottiti la televisione, lasciando un vuoto incolmabile, rimpiazzato da quelli che comunemente definiamo stereotipi.

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Mauro Carabelli

Giornalista

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