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Il Papa apre la prima porta per il giubileo della misericordia

africa

(di Patrizia Guerra)

Il 29 novembre Papa Francesco apre la prima porta santa nella cattedrale di Bangui in Centrafrica che anticipa il Giubileo Straordinario della Misericordia, che si avvierà ufficialmente l’8 dicembre.

Questa è la sua terza tappa in Africa dopo il Kenia e l’Uganda e l’apertura della porta avverrà alle ore 17.00.

Questo è un piccolo anticipo ma importante perché il Papa vuole che il Giubileo sia sentito anche da un popolo che soffre molto, perché il centrafrica è il cuore dell’Africa.

E Padre Federico Lombardi la definisce “la chiave di lettura”.

C’è però paura di attacchi, ma Francesco per nulla impaurito si è recato comunque a Bangui e si definisce un pellegrino portatore di pace.

Sono state però assicurate le misure di sicurezza per garantire che al Santo Padre non succeda niente.

Si recherà poi all’enclave mussulmana PK5, uno stadio che può contenere fino a 20.000 posti e in seguito al campo degli sfollati.

Anche gli scout parteciperanno alla sicurezza del pontefice.

Al campo degli sfollati della parrocchia di Saint Sauvenr, 3.000 persone formeranno un cordone di sicurezza.

Bergoglio inoltre rivolgendosi ai giovani dice che “la preghiera è l’arma più forte”.

Questo messaggio l’ha consegnato  ai ragazzi di Kololo Airstrip di Kampala.

Nel suo lungo discorso ha parlato di come superare le difficoltà e di come farle diventare positive e ciò lo si può fare solo con la grazia di Gesù.

Poi ha ribadito la necessità di superare tutte le difficoltà, anche le più difficili e ai giovani ha chiesto se sono disposti a trasformare il negativo in positivo e infine ha chiesto di pregare per lui che ne ha tanto bisogno.

Questa apertura passerà alla storia come qualcosa di straordinario, nessun Papa lo ha mai fatto.

Francesco con questo gesto ci ricorda il concetto di periferia tema a lui molto caro.

La chiesa deve andare verso le periferie, continua a ripeterci.

In centrafrica sono cinque milioni presenti e metà di loro vivono in povertà, ma oltre che a loro ha parlato anche con persone di altre religioni.

In più una guerra civile sta martoriando il paese rendendo sempre più difficile le condizioni di vita.

Questo viaggio pericoloso vuole dunque portare un messaggio forte e, anche se stanco, il Papa continua ad affrontarlo sostenuto dalla fede.

Egli può essere definito “apostolo della speranza”, e allora con la nostra preghiera stiamo vicino a lui, perché i suoi gesti possano insegnarci ad accogliere l’altro senza paura.

 

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Mauro Carabelli

Giornalista

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