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La profezia sull’Islam: aveva ragione Oriana Fallaci?

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(di Elisabetta Riva)

Nelle librerie, in quest’ultimo periodo, c’è il tutto esaurito per testi tanto criticati – in passato – quanto incuriosenti: “La rabbia e l’orgoglio”, “La forza della ragione”, “Insciallah”, e chi più ne ha più ne metta. Oriana Fallaci, scrittrice e giornalista fiorentina, non aveva paura di dire la verità, probabilmente la “sua verità”, il suo credo profondo, condizionati dal legame viscerale che nutriva in particolare per la sua patria, l’Italia, ma anche per gli Stati Uniti, la terra delle opportunità, dove trascorse parecchi anni della sua vita.

Quel maledetto 11 settembre del 2001, la follia omicida degli attentatori strappò milioni di vite innocenti, lasciando un vuoto incolmabile. Oriana, dopo aver assistito in diretta alla catastrofe, si inchioda alla scrivania ed inizia a far fluire i suoi pensieri, la sua rabbia, le sue opinioni. Da una matassa intrecciata di idee nasce un libro, la “sua creatura”, che non mancherà di fare scalpore al momento della pubblicazione.

“Sveglia Occidente, sveglia!”. Queste le parole pronunciate dalla giornalista, che cerca in tutti i modi di scuotere le menti europee e americane, ritenendo che il buonismo nei confronti del fondamentalismo non può esistere, perchè, a suo avviso, il fondamentalismo non è mai stato nè sarà mai moderato.

Con un linguaggio che lascia poco spazio agli equivoci, Oriana Fallaci esprime senza mezzi termini il suo risentimento nei riguardi della – allora – minoranza islamica: afferma che proprio nelle moschee di quartiere si riuniscono covi di potenziali terroristi; tolleranza zero per coloro i quali deturpano i volti meravigliosi delle città italiane, Firenze in particolare; maggiore rispetto per la cultura e la tradizione occidentale.

La domanda sorge spontanea: la scrittrice – tralasciando l’estremismo di cui lei stessa sovente si macchia – aveva ragione? Aveva ragione sostenendo che prima o poi la cultura islamica avrebbe intriso il nostro paese, le nostre abitudini? Aveva ragione dicendo che non esistono “islamici buoni” e “islamici cattivi”?

Probabilmente non lo scopriremo mai. Recentemente abbiamo assistito anche alla richiesta – nei confronti di coloro che tanto l’avevano criticata e sì, messa alla gogna – di porgerle pubblicamente delle scuse, poichè quanto aveva dedotto e predetto si era dimostrato vero.

In realtà la materia è piuttosto complessa da esaminare: l’integralismo e le gesta clamorose dei miliziani sono solo la punta dell’iceberg. Quello su cui Oriana Fallaci voleva portare la nostra attenzione erano le radici di un credo che – a suo avviso – avrebbero intaccato libertà, religione, tradizione. Ed è proprio questo che deve spingerci alla riflessione.

Il problema è dato dal fatto che in molti tendono a subire pedissequamente le idee altrui (della Fallaci in particolare), agendo senza pensare. Come se in quei testi fosse scritta la verità assoluta, la chiave di volta per un futuro migliore. È scontato assecondare pensieri di livore in un momento di altrettanta rabbia; la “sindrome dell’identificazione” è dietro l’angolo.

Tuttavia, in una fase così delicata come quella in cui ci troviamo attualmente, il sentimento non deve prevalere, dobbiamo dare spazio alla nostra razionalità: comprendere quali diversità possono avvicinarci; accettare – seppur con difficoltà – che l’esclusione e la generalizzazione non portano a nulla; riconoscere il cambiamento, cercando di mantenere vivo ciò che è importante per noi, rispettando al contempo il dissimile.

 

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Mauro Carabelli

Giornalista

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