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L’ansia ci rende intelligenti: lo dice la scienza

ansia

(immagine da tantasalute.it)

 

(di Elisabetta Riva)

Se avete la tendenza a preoccuparvi per qualunque cosa, ad affrontare i problemi con maggiore turbamento, non abbiate paura: potreste essere portatori di una grande virtù.

La correlazione positiva che sembra esistere tra i due elementi riguarda in particolare l’intelligenza linguistico – verbale, ossia la capacità di utilizzare correttamente le lettere dell’alfabeto combinandole in parole e frasi convincenti, saper scegliere la terminologia appropriata a seconda della situazione, saper spiegare concetti, dimostrare padronanza della lingua e della sintassi.

Lo studio che confermerebbe questa ipotesi nasce recentemente in Canada, per merito dello psicologo Alexander Penney e di alcuni colleghi che, dopo aver sottoposto 126 studenti della Lakehead University dell’Ontario ad un test, si sono accorti della strabiliante corrispondenza. Specificatamente, agli allievi è stato chiesto di esprimere numericamente i loro livelli d’ansia, di depressione, di paura, di timidezza e rimugino mentale: coloro i quali rivelavano di essere “più preoccupati”, erano gli stessi ad aver ottenuto risultati eccellenti nelle prove concernenti l’intelligenza verbale, esami di profitto in primis.

Secondo i ricercatori, chi pensa eccessivamente è più abile nell’analisi globale della circostanza, identifica le sfaccettature e le angolazioni nascoste, affrontando situazioni personali e non in modo preparato. Infatti, gli “ansiosi cronici” sono in grado – grazie all’ipertrofia cognitiva dettata da un maggiore sviluppo intellettivo linguistico e verbale – di scandagliare dettagli del tempo presente e futuro con maggiore precisione: tutto ciò assicura completezza nella valutazione del problema.

Altri studi fortificano una tesi secondo la quale la ruminazione dei pensieri e l’ansia sarebbero collegate a comportamenti ancestrali: l’anticipazione del pericolo deriva proprio da questi elementi e, fin dai tempi dei nostri avi, tale istinto di sopravvivenza ci ha permesso di (portare avanti) la specie.

Tuttavia, non tutti gli esperti si mostrano favorevoli di fronte a queste ipotesi. La “benedizione dell’ignoranza” pare ancora molto gettonata; tanto meno conosco una determinata situazione, ancor meno sarò incline a preoccuparmene in modo ossessivo.

C’è chi poi sostiene – ragionevolmente – che elevati livelli d’inquietudine conducano a un peggioramento progressivo della qualità di vita, causando squilibri psico – fisici (abbassamento delle difese immunitarie per esempio) non indifferenti; è questo il caso in cui la paura domina sul raziocinio.

Che dire? La preoccupazione fa ormai parte della nostra quotidianità, ne siamo purtroppo vittime, in ogni ambito. Non esiste soluzione a questo rebus. La chiave del successo sta nella gestione della stessa: possiamo decidere se renderla uno scalino per il superamento positivo dei problemi oppure un pozzo in cui sprofondare inermi. Nessuno ci ha mai informato di quanto fosse erto il sentiero che stiamo percorrendo, ma la voglia di affrontare – nonostante le difficoltà – la sfida della vita senza lasciarci annebbiare dalla paura ci renderà vittoriosi.

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Mauro Carabelli

Giornalista

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