(Foto da irpinianews.it)
(Di Marco Emilio Boga)
Questo è un periodo particolare, in cui i grandi della musica e del cinema se ne vanno. Penso a David Bowie. Penso ad Alan Rickman, che tutti ricordano per Harry Potter, ma non per Robin Hood – Principe dei ladri o per il film che gli ha fatto vincere il Golden Globe: Rasputin – Il demone nero. E penso ancora a Glenn Frey, chitarra degli Eagles e dei nostri cuori. E sulle note malinconiche di Hotel California arriviamo ad un altro lutto. Forse meno sentito da noi giovani che non abbiamo vissuto il suo periodo d’oro. All’età di 84 anni è morto Ettore Scola, un grande regista e sceneggiatore del cinema italiano. Così grande e da noi giovani e adulti così dimenticato. Vinse sei David di Donatello e ricevette quattro nomination agli Oscar come “Miglior film straniero” e vinse anche a Cannes.
Lavorò da grande coi grandi: Ugo Tognazzi, Vittorio Gassman, Marcello Mastroianni, Alberto Sordi, Nino Manfredi e Sophia Loren, solo per dirne alcuni.
Ed è morto. E tutti ne parlano, ma nessuno per ora ha trasmesso i suoi film. Non dico di trasmettere “La terrazza” col trio Mastroianni, Tognazzi, Gassman, ma almeno i più conosciuti, quelli scritti ovunque e visti da pochi. E per chi ha un po’ di tempo consiglio di informarsi e dare un’occhiata ai suoi film. Lui era uno degli ultimi baluardi del cinema italiano, quello vero, del cinema d’autore. E ora mi sorge spontanea una domanda. Se lasciamo che un personaggio come Ettore Scola sparisca nell’oblio, quale cultura trasmetteremo ai nostri figli ? Quale orgoglio italiano sopravvivrà ?
Ecco il perché di questo breve articolo. Perché non servono tante parole di fronte alla morte, ma la forza del ricordo e della vita. La realtà è che tutte le cose più belle nascono, vengono vissute e muoiono. Devono, però, essere vissute e non dimenticate. Solo allora si onora quel ricordo. Solo allora si potrà dire: “C’eravamo tanto amati”.
