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Erasmus senza ritorno

nastro

di Rebecca Manzi

Elena, Elisa, Elisa, Francesca, Lucrezia, Serena e Valentina.

Sono questi nomi delle nostre 7 connazionali che hanno perso la vita domenica 20 marzo.

Sono le 6 del mattino, in Spagna, nella zona di Tarragona. Molti ragazzi dormono, sono di rientro da una notte di festa e di fuochi a Barcellona. Il pullman è solo uno dei cinque che stanno viaggiando verso Valencia. Poi all’improvviso lo schianto.

Saranno 13 i morti in totale, tutti tra i 19 e i 25 anni. Tutte ragazze, tutte studentesse che partecipavano al progetto Erasmus, frequentando diverse facoltà in Spagna. 34 i feriti, tra cui altri quattro italiani. La più grave è Annalisa, che ha riportato una lesione alla vertebra cervicale e dovrà essere sottoposta ad interventi molto delicati.

Le cause sono tutte da accertare, ma c’è quella presunta frase pronunciata dall’autista ai suoi soccorritori: “Mi dispiace, mi sono addormentato”. L’uomo, uscito quasi illeso, sarà poi ricoverato in ospedale. Le sue condizioni di salute sono peggiorate di ora in ora. Un dolore forte al petto, probabilmente quel senso di colpa che lo opprime. Quelle 13 ragazze sulla coscienza. Non sarà facile per lui liberarsi di questo peso, che si porterà dietro per sempre – a prescindere che sia condannato per omicidio colposo plurimo o meno.

Chi si è salvato o perché per un tragico scherzo del destino era in quel pullman – ma ne è uscito comunque sulle proprie gambe – o perché sempre per lo stesso destino era su un altro, ha perso un’amica, una compagna di classe. C’è chi è solamente ricoverato con ferite lievi, mentre la ragazza che viaggiava di fianco a lui o a lei non c’è più.

Ciò che rimane è il grande dolore di queste perdite. Erano tutti giovanissimi in Spagna per studiare, per divertirsi e per vivere questo splendido momento della loro vita e che purtroppo hanno visto infrangersi tutti i loro sogni in quel maledetto pullman.

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Mauro Carabelli

Giornalista

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