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I muri nell’era della (con)divisione

muro

(Foto da: nanopress.it)

(di Chiara Luglio)

L’ultimo decennio è stato caratterizzato dalla diffusione esponenziale dei social network. La condivisione è il principio cardine di queste reti sociali, ossia rendere partecipi i contatti della nostra vita e dei nostri interessi. Indipendentemente dai diversi motivi che potrebbero stare alla base, quello che ci interessa è apparire e piacere.

Il 20 settembre a Calais nel nord della Francia, sono iniziati ufficialmente i lavori per la costruzione di un muro in cemento armato per proteggere l’accesso al porto della città, così da ostacolare le partenze illegali dei profughi diretti in Gran Bretagna. Il Regno Unito lo ha fortemente voluto e ne sosterrà interamente le spese.

Come si possono conciliare queste due tendenze? Proprio negli anni in cui internet ha annullato qualsiasi ostacolo fisico e territoriale tra persone, si stanno rinnalzando muri divisori in tutta Europa.

Quasi come a voler dire: “la condivisione è bella, ma solo con chi ci pare e piace”.

Internet e i social network ci hanno dato la possibilità di creare legami e condividere interessi con estranei che vivono in un’altra città, in un altro stato, in un altro continente. Qualcuno che non abbiamo mai visto può addirittura diventare un caro amico virtuale. Non importa dove e quanto sia lontano, possiamo parlarci e addirittura vederci in tempo reale e comodamente seduti a “casa propria”.

Con le persone che non conosciamo, siamo quindi pronti a condividere informazioni della nostra vita privata, solo a patto che restino abbastanza lontane da farci sentire protetti. Il problema infatti, sorge quando la condivisione diventa reale, con persone in carne ed ossa che non restano più divise da noi, ma arrivano concretamente vicine a quella stessa “casa propria” dentro cui ci si sente così al sicuro da poter tranquillamente diffondere informazioni personali con chiunque… spesso anche in modo sconsiderato. Qualsiasi contenuto privato condiviso pubblicamente può essere visto e usato da chiunque, in molti casi al social network viene ceduta anche la licenza per il suo utilizzo.

Quali sono quindi i rimedi al pericolo che la condivisione possa diventare rischiosa e fuori controllo?

Ecco che nella realtà si può reagire ponendo uno spazio fisico ben determinato tra noi e le persone che ci fanno paura, che non vogliamo… come un muro magari, una recinzione metallica o una barriera con filo spinato. Per quanto riguarda la realtà virtuale, possiamo anche eliminare i nostri account sui social network, cancellare i contenuti condivisi, bloccare chi ci infastidisce… ma ciò che è stato messo in circolo su internet probabilmente ci potrà rimanere per sempre. Le persone reali invece, i muri li possono scavalcare, le recinzioni aggirare, le barriere superare.

La costruzione del muro di Calais ha destato molto scalpore, ma non è l’unico presente in Europa. Per esempio, solo negli ultimi due-tre anni sono sorti altri tre muri di reti metalliche e filo spinato per bloccare i flussi migratori: l’Ungheria ha eretto una barriera di 175 chilometri al confine con la Serbia; la Bulgaria ha dichiarato di voler addirittura costruirne quasi 270 per dividere la Turchia; sulla frontiera tra Macedonia e Grecia la recinzione circonda il campo profughi a Idomeni; Nicosia, capitale di Cipro, è l’unica capitale nel mondo ancora divisa militarmente dal 1974 per ragione etniche. A Belfast, in Irlanda, sono ancora in piedi diversi muri sorti già dal 1969 per dividere i cattolici dai protestanti.

Sono passati ben 27 anni dalla caduta del muro di Berlino: nel 2010 internet è stato candidato al premio Nobel per la pace per la rivoluzione che ha portato nella convivenza mondiale, la globalizzazione ci ha battezzati cittadini del mondo e oltre un miliardo di persone utilizzano attivamente Facebook ogni giorno… eppure, dividere per convivere è ancora la logica predominante.

O forse semplicemente, l’uso massiccio dei social network ha cambiato radicalmente la nostra percezione di cosa voglia veramente dire “condividere”: non dovrebbe significare mostrare agli altri, ma bensì spartire con gli altri.

 

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Mauro Carabelli

Giornalista

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