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Cogli l’attimo

l'attimo fuggente

L’ATTIMO FUGGENTE

(Recensione di Elisabetta Riva)

“Solo nei sogni gli uomini sono davvero liberi, è da sempre così e così sarà per sempre”.

Nel 1989 Peter Weir dirige Robin Williams e un cast di giovani inscenando un toccante racconto drammatico intitolato “L’attimo fuggente”, che, ancora oggi, è una pellicola molto attuale e amata dal grande pubblico.

Alla fine degli anni ’50, John Keating, estroverso e anticonformista insegnante di letteratura, viene trasferito presso il collegio maschile Welton, in Scozia. Gli allievi, abituati al rigore e ad una mentalità convenzionale, si sorprendono immediatamente del comportamento atipico del professore: tra gli intenti di quest’ultimo, in particolare, quello di trasmettere la passione per la poesia e di spingere i ragazzi a migliorare la loro esistenza, vivendo pienamente ogni giorno con amore, dedizione e libertà.

L’atteggiamento propositivo del Professor Keating sembra contagiare tutta la classe: non si dibatte di metrica o di rime, non più, ma di vita, di libero pensiero e della possibilità di cambiare il proprio destino, combattendo per quello in cui si crede, a costo di essere etichettati o giudicati.

Gli insegnamenti si rivelano molto propizi per i giovani che decidono infatti di fondare una congregazione letteraria – la Setta dei Poeti Estinti – animata da un profondo interesse per la poesia, dalla voglia di riscattarsi e di crescere insieme, condividendo ciò di che bello le parole possono suscitare. È così per Neil, studente modello invischiato in un rapporto conflittuale con il padre, che si scopre appassionato di teatro e recitazione, tanto da prendere parte ad una commedia di Shakespeare; o Todd, secondogenito che vive all’ombra del fratello, timido e introverso, ma che grazie allo studio e agli incoraggiamenti del suo insegnante riuscirà a far sentire la voce in mezzo alle altre.

Purtroppo, il susseguirsi degli eventi non procede nella direzione sperata: uno degli allievi viene espulso per essersi atteggiato in modo ostile e aggressivo e Neil, giovane promessa del teatro, si toglie la vita a causa delle soffocanti pressioni paterne.

John Keating è così costretto ad abbandonare la cattedra e i suoi amati studenti, che, nonostante le rigide imposizioni del preside, non mancheranno di dare l’ultimo saluto lasciando intendere un varco di cambiamento e ritrovata libertà.

Commovente, sincero e didattico: questi aggettivi – a mio avviso – perfetti per descrivere un piccolo dramma costruito magistralmente; troppo a lungo le giovani menti pensanti si sono rifugiate in un convenzionalismo, sorrette da stereotipi, incapaci di oltrepassare il muro del condizionamento e spiccare il volo. Peter Weir si destreggia abilmente tra il buio del tradizionalismo – college privato, modello educativo strutturalista, pressanti aspettative future – e la luce della speranza, della libertà, che solo grazie a una guida saggia i ragazzi potranno finalmente ritrovare.

Robin Williams incarna esattamente il tipo d’insegnante che ognuno di noi vorrebbe aver incontrato nella sua carriera scolastica: positivo, entusiasta, attento alle esigenze dei suoi allievi, severo all’occorrenza e capace di trasmettere amore per la disciplina. Un personaggio che non passa certo inosservato. Il fine del regista è quello di mettere in evidenza la figura del “maestro”, inteso nell’accezione positiva; il maestro non è necessariamente colui che impone o valuta o chiede, ma un porto sicuro, un riferimento che semplicemente indica il sentiero, limitandosi ad osservare come noi percorriamo quella via. Il maestro di Weir è comprensivo e stimolante, estroso e sincero, tiene ai suoi ragazzi e spera di vederli realizzati, indirizzandoli non sempre nella direzione più semplice, ma in quella adatta a loro. Li invita a cogliere l’attimo, ogni occasione, ogni cambiamento può essere prospero; l’esistenza deve essere resa libera, così come il pensiero.

L’amicizia è un’altra delle tematiche che emerge all’interno della pellicola: l’unione tra gli studenti è ben messa in luce; traspaiono sentimenti autentici, lotta per ideali comuni, gioia per i successi altrui e in particolare condivisione di emozioni, positive e negative.

La perdita di Neil – per esempio – trascinerà dolorosamente gli amici in un turbinio di rabbia e impotenza; si avverte la mancanza di questo leader sapiente e carismatico, capace di spronare al cambiamento e alla rinascita. I suoi compagni dovranno fare i conti con un’assenza che pesa, con un vuoto che appare incolmabile e solo grazie ad una salda forza di volontà riusciranno finalmente a comprendere la strada giusta da imboccare.

L’ultimo spunto di riflessione che Peter Weir propone è quello sul tempo: come possiamo rendere pieni i giorni da vivere? Come possiamo essere felici della nostra vita e altrettanto renderla degna di essere vissuta? Il Professor Keating si fa portavoce di un appello – Carpe Diem ragazzi, Carpe Diem, cogliete l’attimo, rendete straordinaria la vostra vita – che rimane indelebile dentro ognuno di noi. Il tempo è un avversario temibile, con il quale non possiamo misurarci. Proviamo a rincorrerlo ma starà sempre un passo avanti; ci è solo concesso rendere meraviglioso ogni istante, facendo ciò che amiamo o in cui crediamo, cambiando direzione se ci sembra quella giusta, e cogliendo al volo le occasioni che incontriamo.

Chi fugge? Noi o gli attimi? Per quanto il tempo sia instancabile nella sua corsa, noi no, possiamo decidere di fermarci a pensare e comprendere quanto siano uniche le possibilità che la vita ci offre, afferrarle e sentirci liberi.

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Mauro Carabelli

Giornalista

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