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Il movimento punk nella Jugoslavia di Tito e dopo

 

punk

(Di Davide Bonamici)

Se negli USA nasceva con “Hey ho! Let’s go!” dei Ramones, nel Regno Unito con i gridi di rabbia di The Damned, Sex Pistols e The Clash e in Italia con Eptadone degli Skiantos, Criminale dei Gaznevada e Passione nera dei Nerorgasmo,  in Jugoslavia il punk arriva nel 1978 e inizia la sua rivoluzione con il grido “Ljubljana je bulana” (Lubiana è malata) dei Pankrti (i Bastardi).

Il movimento è originaraiamente composto da giovani di idea comunista (basti pensare al manager dei Pankrti, Gregor Tomc, che era collaboratore del filosofo Slavoj Zizek), ma il regime non li tollera e, negli ultimi due anni di vita, Tito (morto l’8 maggio 1980) e i vari corpi di polizia (JNA insclusa) furono molto repressivi nei confronti dei giovani punk rockers jugoslavi.

Come ho accennato sopra, tutto parte dai Pankrti, questi dal 1978 useranno testi molto critici nei confronti del regime. Basti pensare, oltre alla canzone che ho già elencato sopra, a canzoni come Metka (Proiettile), Za zeleno zaveso (Dietro la cortina di ferro), Osmi dan (L’ottavo giorno, una piccola presa in giro al creazionismo), Anarhist (Anarchico) e alle perle del Rdeci album (Album rosso): come Gora (Monte), Sarajevo 1984, Vodja (Capo) e Bandiera rossa (l’inno dei comunisti italiani, cantato per protesta nei confronti della jugoslavia e del nazionalismo sloveno, esploso insieme agli altri dopo la morte di Tito). Queste ed altre canzoni dei Pankrti, furono canzoni piene di una feroce critica sociale, dove venivano criticate le isitituzioni della Slovenia jugoslava (come l’università, che veniva definita un circo, “Ljubljana ma Ucas cirkus”, perché era quella che sfornava i talenti migliori, ma che veniva considerata peggiore perché non era quella di Belgrado o di Sarajevo). Oppure si iniziava a parlare delle quattro imminenti guerre, che avrebbero distrutto la Jugoslavia (Sarajevo 1984).

In Croazia nacquero i Paraf, rimasero punk per poco, ma nelle loro canzoni erano molto più rabbiosi di ogni band punk slava. Rijeka e Narodna pjesma (Canzone popolare) furono dure critiche alla società croata (la prima) e alla polizia (la seconda), considerata il più grande gruppo mafioso nel regime, apostrofata in Narodna pjesma col ritornello sarcastico “Nijedne nema bolje od nase policije” (Noi siamo più al sicuro con la nostra polizia). Nacquero anche i KUD Idijoti che, incosnapevolmente scrissero della fine del paese e rifecero anche loro per protesta Bandiera rossa (miscelata con Anarchy in the UK dei Sex Pistols); gli italo-croati Problemi (Mario Piuco e Maurizio Di Capua, cantante e bassista, hanno origini italiane), che cantavano alternando italiano e serbo-croato, e canzoni come Problemi (omonima della band), dove criticarono i metodi repressivi del regime; i Prljavo Kazaliste (Teatro Sporco) nel loro breve periodo punk fecero molte critiche ad ogni regime o a falsi “esportatori di democrazia” (Amerika); e anche i Termiti non scherzarono, la loro vasta cultura li portò a fare canzoni su più di 15 stati nel mondo (Cross of Iran) e in più lingue diverse.

In Bosnia nacque la band jugonostalgica ad hoc e “veggente”, perché,  ancora prima dei conflitti, prevederanno la tragica fine del paese, gli Zabranjeno Pusenje (I Vietato Fumare). Canzoni come Dan Republike (Giorno della Repubblica) e Kanjon Drine (Gole della Drina), parleranno del conflitto che scoppierà qualche anno dopo; e canzoni come Srce ruke i lopata (Cuore, mani e pala) furono critiche sulle condizioni in cui versavano minatori, operai e agricoltori. Dopo la guerra si riformeranno in due band distinte, una a Belgrado (con il cantante Nele Krajlic e il regista e bassista Emir Kusturica) e una a Zagabria, che seguirà un filone jugonostalgico, basta ascoltare canzoni come Yugo 45 (modello di macchina e simbolo della fratellanza che univa gli slavi del sud) e Halid mjesto Halida (Halid al posto dio Halida) per capire quanto gli manchi il paese in cui sono nati e cresciuti.

Il punk esplose anche li, dietro la cortina di ferro, e a livello storico, sociale e culturale, fu importante, perché nella grande utopia del ’900 che fu il comunismo (o socialismo), questi ragazzi diedero un grido di protesta e di speranza per dare importanza ad ogni uomo, riappacificarsi col mondo occidentale (Italia soprattutto) e purtroppo furono anche un grido di paura per le guerre che distruggeranno in meno di 10 anni la Jugoslavia.

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Mauro Carabelli

Giornalista

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