0

Guerra in/civile

generale

(mc) È vero, i ballottaggi e l’astensionismo hanno sempre penalizzato la destra e premiato la sinistra. Ciononostante mi permetto di ricordare che nel nostro  Paese, a livello locale così come a livello nazionale, l’opposizione unita in un bel minestrone magari condito con spezie islamiche non è composta da quattro gatti. Per cui, semmai, valuterei l’incapacità della destra di farsi vincente comunità alternativa, sempre e ovunque in ogni luogo, privato e pubblico, perché in gioco non ci sono solo importanti capoluoghi ma due estreme visioni del mondo:  dall’etica alla morale, dalla tradizione dei doveri all’estensione nichilista dei diritti,  dalla sovranità nazionale al Leviatano globalista.  Il caso francese, per esempio, credo che rischierà  di essere emblematico. La Le Pen è sicuramente in vantaggio nei confronti dei suoi diretti avversari presi singolarmente. Tuttavia, se  tutti i suoi competitor dovessero allearsi solo per il gusto di fermare “l’onda nera delle destre e poi si vedrà” come propone  Raphaël Glucksmann, il conservatorismo  francese potrebbe annegare nella multicolore  psicologia frontista della gauche. Dunque, piaccia o non piaccia, il nostro presidente del consiglio, alla guida di una maggioranza tatticamente moderata, non può farci niente, né in casa Italia né in casa Europa, in quanto un duraturo consenso così come la forza propositiva non nascono solo dai numeri e dalle  alchimie politiche spesso incapaci  di cogliere e dialogare con  l’umore profondo di una maggioranza che non va più a votare. Questo perché sia i media non inquadrati nel mainstream sia gli intellettuali conservatori sia soprattutto le sezioni partitiche di destra (se ancora esistono) non lasciano traccia dentro questo mare che silenzioso non è. Non si consolida  insomma uno stile di radicale sopravvivenza al nichilismo imperante, al cinismo e all’arroganza della moderna politica.  Nelle ultime europee, numeri a parte,  ha fatto eccezione la campagna del gen.Vannacci, che in queste acque si è buttato coraggiosamente, ad onta anche di un pusillanime ministro della difesa, che ha intercettato ‘vis a vis’ gli umori sopiti di una maggioranza  disaffezionata al voto. Ed è stato vincente, piaccia o non piaccia, perché i voti che ha preso non hanno cannibalizzato i vari schieramenti di destra ma hanno rappresentato un valore aggiunto convincendo parte della maggioranza silenziosa ad uscire allo scoperto dimostrando che è  possibile essere diversi a un mondo rovesciato. Ma tutti gli altri intellettuali sedicenti conservatori e i tantissimi insegnanti e rettori non schierati con il distruttivo anarchismo filo Hamas, dov’erano, e dove sono, quando è stato, ed è tutt’ora impossibile esprimere la propria visione del mondo nelle università immerse nel calderone woke?  E i militanti e i semplici cittadini lamentevoli  del disordine urbano dov’erano, e dove sono, in quelle piazze e in quelle strade dove è pericoloso girare di sera e pure di giorno? E i tanti magistrati non inglobati nelle correnti antigovernative  dov’erano, e dove sono, quando si fa ciarpame dello stato di diritto a partire da una vera e propria ingiustificata persecuzione politico giudiziaria nei confronti di leader politici poco graditi?  E i ministri religiosi nonché i cristiani più o meno praticanti dov’erano, e dove sono,  quando viene messo in discussione il basilare diritto alla vita e la cultura religiosa su cui hanno fondato da secoli il loro modo di essere, pregare e creare? Insomma, non si può sperare di essere vincenti solo con la fantasia o con qualche libro di successo e nemmeno con i sermoni nelle feste comandate. Se si vuole essere un’alternativa politica, soprattutto esistenziale, è necessario testimoniarla ovunque facendosi riconoscere a livello di semplice, fattivo stile di vita e non solo di scheda cartacea da infilare nell’urna.Tale modalità questa odierna, sedicente sinistra l’ha ereditata immeritatamente da quel PCI antielitario perché fisiologicamente operaio.  Per questo mantiene, in difetto di proposte accettabili e credibilità politica, solo quella forza d’urto nazionale e internazionale da usare in ogni articolazione contro qualsiasi riforma anche di buon senso  pur di imporsi  e cancellare l’avversario politico. E bloccando così il Paese. Sono prodromi di una guerra in/civile? L’importante è non farsi illusioni facendosi cogliere impreparati.

Share Button

Mauro Carabelli

Giornalista

Lascia un Commento

L'indirizzo email non verrà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *