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L’inciampo dello Ius Scholae

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(Foto da: il Fatto Quotidiano)
(mc) Doverosa premessa: chi scrive è possibilista, come del resto lo era Fratelli d’Italia qualche anno fa (ma stava all’opposizione) sull’introduzione dello Ius Scholae che, di fatto, concederebbe la cittadinanza italiana ai ragazzi di origine straniera dopo due cicli del sistema di istruzione italiano ovvero fino alla terza media. Dico possibilista, più che aperturista, per una questione di arco temporale visto che tale concessione diminuirebbe all’incirca di soli due anni l’ottenimento della cittadinanza ora fissata a 18 anni. Dico possibilista per una questione di principio legata al fatto che parliamo di ragazzini in un mondo che cambia velocemente. Tenendo però ferma la condizione che possano essere ben integrati nella loro classe, nel ciclo di studi e normalmente legati ai loro compagni lungo un percorso di crescita culturale oltreché esistenziale secondo il modus vivendi della nostra società. Dico ancora possibilista perché, come ribadito da più parti, se ne può almeno discutere, il che non farebbe male a nessuno. Fermo restando che tale opzione non è nel programma di governo e quindi non può essere inserita a piacimento con il rischio di creare tensioni che certo non gioverebbero alla tenuta della maggioranza. Tuttavia, fatte queste premesse, la domanda che sorge spontanea, e che relega le problematiche relative alla cittadinanza in secondo piano, è la seguente: perché il problema sta emergendo con una certa forza proprio adesso?
Tolta l’attenuante dell’emergenza pedagogico sociale, visto che il nostro è il Paese che concede più cittadinanze a livello europeo con il raggiungimento del 18 anno d’età, rimane assai equivoca l’insistenza (tre stilettate solo nel corso del Meeting di Rimini) più che i contenuti, con cui il compassato ministro degli esteri Tajani sta surriscaldando, se mai ce ne fosse bisogno, il clima politico agostano.
Insomma, mi permetto di dubitare del livello di genuinità con cui il ministro sta sollevando la questione visto che nel corso della campagna elettorale di appena due anni fa si era mostrato perentorio nell’escludere qualsiasi alleggerimento nella concessione della cittadinanza italiana prima dei diciotto anni.
Allora, prima di giudicare l’effetto cerchiamo di vedere con distacco il concatenarsi di cause che, secondo me, lo hanno generato. Vi ricordate? A fine giugno Marina Berlusconi concedeva un’intervista al Corsera in cui, auspicando la tenuta degli attuali assetti UE, conclamava la sua clamorosa preferenza per la sinistra sui diritti civili (aborto, fine vita, e diritti LGBTQ) ignorati dalla maggioranza. Il secondogenito di Berlusconi, Pier Silvio, entrava ancor più nel merito della politica italiana valutando il partito di Forza Italia come resistente ma assai poco sfidante, incapace di attrarre i moderati, subalterno a Giorgia Meloni e sprovvisto di volti nuovi e vincenti. Insomma anche una bella tiratona d’orecchie al suo segretario nazionale. Dopo circa tre settimane, sebbene le elezioni europee avessero dato un’indicazione precisa di cambio di passo nella costruzione di una nuova maggioranza europea, e nonostante lo stesso Tajani avesse precisato: ”il Ppe ha vinto le elezioni europee, a socialisti e liberali non è successo. Bisognerà tenerne conto” , abbiamo assistito sbalorditi a una rocambolesca riproposizione della vecchia maggioranza e alla rielezione di Ursula von der Leyen alla presidenza europea con il supporto dei Verdi e lo sdoganamento dell’operazione da parte del Ppe, con la più che sincera compartecipazione dello stesso Tajani. Una bella gomitata, direi a tradimento, nel fianco di Giorgia Meloni.
Si dirà che forse è un caso che ci sia una relazione con la riproposizione dello Ius Scholae e che non esista alcuna apertura all’opposizione ma solo il tentativo di Forza Italia di rafforzarsi al centro con innegabili benefici per l’attuale maggioranza. Sarà. Ma l’opposizione ha alzato le antenne e ha iniziato un lento logoramento, con vari ammiccamenti, dell’argine a sinistra del partito di Tajani con l’evidente mira di complicare la tenuta dell’attuale maggioranza governativa. E viste le esperienze pregresse, non bastano certo le rassicuranti parole del doppiogiochista ministro degli esteri per metterci al riparo da sorprese d’ogni tipo.
Morale: diceva Seneca: ”Non scholae sed vitae discimus” (Non impariamo per la scuola ma per la vita). In questa ottica, mi paiono deboli ma solo strumentali le argomentazioni di Tajani secondo il quale basta cantare l’inno nazionale, sventolare il tricolore e imparare quattro nozioni per essere sinceri patrioti. Le radici non sono un fattore estetico e teorico. Tanto meno canterino. E la catena generazionale ha comunque l’innegabile spessore per definire una Nazione, la sua peculiare storia, la fedeltà magari solo inconscia ma pur sempre abbracciata al senso di appartenenza del suo popolo, a prescindere da ciò che sostengono alcuni suoi ministri. Ecco perché il principio, sicuramente esplorabile, dello Ius Scholae così come demagogicamente formulato non regge. Anzi viene ulteriormente snaturato nella misura in cui lo si utilizza come uno dei tanti inciampi destinati ad indebolire, oltre ogni ragionevole dubbio, la riconosciuta stabilità politica garantita dall’attuale Governo. Non sarà oggi, non sarà domani ma è certo che l’opzione di una maggioranza “liberal” in cui inglobare i forzisti potrebbe non dispiacere né alla presidente di Fininvest né all’amministratore delegato di Mediaset. Sullo sfondo l’Europa giacobina e la non improbabile elezione di Kamala Harris a presidente USA, alle quali pure non dispiacerebbe. Sovente in politica, per capire trame e voltafaccia sibillini bisognerebbe abituarsi a vedere dove portano gli affari.
(Foto da “Il Fatto quotidiano”)
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Mauro Carabelli

Giornalista

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