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Se ci si mettono pure i preti

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(Foto da Vatican News)
(mc) Diceva Agatha Christie che, al di là delle coincidenze, tre indizi potessero costituire una prova, sovente inoppugnabile. Uscendo dal contesto giallistico della grande autrice del Regno Unito, e riflettendo sulle ultime prese di posizione dei vescovi avverse ad alcuni provvedimenti del nostro governo, sorge il dubbio “indiziario” che una parte consistente della Chiesa cattolica italiana, o almeno quella rappresentata dai suoi più importanti vertici, stia perseguendo una precisa scelta di campo politico. Ma da quali prove lo possiamo dedurre senza rischiare di sprofondare nel fragile terreno delle supposizioni? Hanno il loro peso, per esempio, le posizioni espresse dalla Conferenza episcopale italiana, tra l’altro assai amplificate dal quotidiano Avvenire, che già da tempo mostrano una certa insofferenza verso i due cardini costitutivi della strategia riformatrice della maggioranza di centro destra. Mi riferisco alla ingerenze vaticane sul “premierato” per bocca del presidente della Cei cardinale Matteo Maria Zuppi – riforma che peraltro mai interviene nei rapporti tra stato e chiesa – e alle considerazioni tranchant da parte di Francesco Savino, vescovo di Cassano allo Ionio e vicepresidente della Cei, contro l’”autonomia differenziata” screditata come “un pericolo mortale” che “alla lunga” potrebbe provocare “altre disuguaglianze e povertà nel territorio”. Ora, nulla da eccepire sul fatto che la Chiesa italiana possa esprimere, attraverso i suoi vertici, una propria opinione sulle leggi in divenire dello stato italiano. E, sia detto, anche quando le critiche sono sostenute da deboli argomentazioni probabilmente per una lettura superficiale quando non frettolosa (o suggerita) dei contenuti. Però (da qui i sospetti) sembrerebbe anche di leggere in filigrana gli attacchi portati avanti dalle opposizioni di sinistra alle scelte governative. Certo, si potrebbe contestare il fatto che in questi due casi ci si trovi al cospetto di esternazioni casuali e personalissime espresse da due soli vescovi, anche se di considerevole peso specifico. Tutt’al più leggerezze se messe al confronto con la complessità della Chiesa, dei suoi servitori, dei suoi fedeli e della sua missione. Può essere. Per giungere ad una certezza ci vorrebbe forse qualcosa di più convincente, magari la tipica pistola fumante. Ed eccola inaspettatamente (ma non troppo) lanciare pochi giorni fa una fiammata sul ponte della nave ong Mare Jonio, che fa capo all’organizzazione Mediterranea Saving Humans (capo missione Luca Casarini), affiancata dalla barca della Conferenza Episcopale, ambedue in partenza da Trapani per l’area di operazioni Sar a sud di Lampedusa. “Vi auguro il meglio e invio la mia benedizione all’equipaggio di Mediterranea Saving Humans e a Migrantes. Prego per voi. Grazie tante per la vostra testimonianza. Che il Signore vi benedica e la Madonna vi custodisca. Fraternamente, Francesco”. Concetti forti e chiari questi della lettera benedicente del papa, certamente inequivocabili e trattati in modo più esplicito ed estensivo nel corso della consueta udienza del mercoledì in piazza San Pietro, dove oltre a promuovere come “samaritani” gli equipaggi delle navi ONG, il pontefice auspica l’apertura senza se e senza ma dei confini per accogliere a frotte i migranti. Dunque, bello e toccante il contenuto dell’epistola papale così come ricca di spirito evangelico l’udienza in piazza San Pietro. Ma, a quanto pare, ambedue povere pragmaticamente sul come fronteggiare e gestire quella che da tempo è una vera e propria tratta degli schiavi oltre che una vasta migrazione incontrollata di clandestini sulle nostre coste. Forse gli innumerevoli immobili vaticani potrebbero venirci in soccorso? Non si sa. Nell’attesa, con tutto il rispetto, di una strategia pontificia degna di tal nome, non possiamo che cristianamente uniformarci, si fa per dire, alla santificazione di qualsiasi missione in mare aperto. Ma, quando, di fatto, ci si trova al cospetto di una vera e propria invasione fuori controllo è corretto aggirare qualsiasi strategia di contenimento concordata con l’Italia? Interrogativo lecito a un punto esclamativo appeso al nulla. A meno che, come si diceva in apertura, con quest’ultima missione e relative esternazioni non si sia voluto firmare pesantemente e, quel che è peggio, ‘ideologicamente’ l’ultimo dei tre fatidici indizi per comprovare una scelta di fatto antigovernativa con le conseguenze non solo istituzionali che immagino vedremo in futuro. Se poi tutto questo avviene in concomitanza con l’annunciata offensiva portata avanti dalle Ong in territorio albanese per contrastare il primo punto di approdo per quanti dal Nordafrica tentano di entrare in Italia, si ha la netta sensazione che ci si trovi di fronte non tanto alla parabola del buon samaritano ma a una strategia concordata per destabilizzare il governo Meloni. La qualcosa se non dispiace all’opposizione di sinistra non dovrebbe nemmeno infastidire gli scafisti.
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Mauro Carabelli

Giornalista

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