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Il Tweet di Godot

alienazione

(immagine da scuolazoo.com)

 

(Di Desiree Lanzani)

Più volte mi sono interrogata sulle parole pronunciate da Jean Anouilh in merito all’opera teatrale più famosa del Novecento, “En attendant Godot” di Samuel Beckett, il Nostro analizzando l’opera disse “un capolavoro che provocherà disperazione negli uomini in generale e in quelli di teatro in particolare”.

Reale protagonista dell’opera è la condizione dell’uomo del Novecento, perennemente in attesa, inconsapevole e vacua. Condizione quanto mai reale nella società dell’era digitale che ha sostituito la propria coscienza con la “voce dei mass media”. Non più un pensiero critico del singolo, ma un solo ed unico pensiero globale plasmato ad hoc dalla rete.

I due vagabondi protagonisti dell’opera, Vladimiro detto Didi ed Estragone detto Gogo, diventano così il simbolo di un horror vacui globale colmato dall’attesa di un indefinito che, pur nell’inconsapevolezza della sua forma, riempie ogni singola cellula dell’animo, proprio per il principio aristotelico che “natura abhorret a vacuo” (la natura rifugge il vuoto).

Più ci si addentra nell’opera, più emerge l’innegabile analisi antropica rappresentata con maestria da Beckett. Desideri e conflitti inconsci si sublimano in un’attesa carica di sogni e pulsioni. Ed è a questo punto che la “disperazione” di Anouilh prende forma in un teatro metafisico che indaga sulla comprensione della realtà e dell’esperienza umana provocando quella tanto cara “Nausée” sartriana che caratterizzava l’animo di Antoine Roquentin.

Ed è così che mentre la realtà scorre davanti a noi, arriva un tweet che suona come un ossimoro “Carpe diem, by Godot”.

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Mauro Carabelli

Giornalista

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