0

L’ultimo canto di David Bowie

 

blackstar

(Di Mauro Carabelli)

“Il giorno in cui è morto è successo qualcosa. L’anima è salita di un metro e si fece da parte. Qualcun altro prese il suo posto, e coraggiosamente urlò (Sono una stella nera, sono una stella nera)” (Da “Blackstar” di David Bowie)

E anche David Bowie se ne è andato. Chissà se ha trovato la sua risposta. Certo che nel suo ventisettesimo e ultimo album in studio  Blackstar la profezia della sua morte sembra essere incombente e ricca di simboli inquietanti a futura memoria come in una sorta di lascito ai fan.

Un vissuto forte quello di David Bowie che si è liquefatto, on the road, nella ricerca di un senso dentro e oltre il successo sino alla chiusura del cerchio utile a definire ciò che l’uomo è veramente stato.

Una fiamma che ha saputo artisticamente estinguersi per potere essere vista in tutta la sua grandezza comunque imprigionata in quella precarietà appartenuta anche a filosofi come Nietzsche o a poeti come Leopardi o a viaggiatori  come Kerouac o proprio a rock black star  come David Bowie.

Tutti simbolicamente hanno anticipato nelle loro accese visioni l’altra inquietante faccia della luce che ne è la mancanza, il buco nero da cui cerca di manifestarsi l’esistenza e nel quale potrebbe essere definitivamente riassorbita se dovesse languire ed eclissarsi la ragione artistica del suo splendore. Ciò che ci rende unici e grandi,  malgrado tutto, come lo è stato Bowie.

Blackstar è l’oblio di quella fiammata da riscattare dall’idolatria consumistica e dalla morte che consuma la cartapesta anche alle  più affermate maschere. La sua possibile estinzione è rintracciabile in quell’uomo, quell’ultimo uomo ossificato dentro lo scafandro spaziale che non lo ha protetto nell’estremo e vano tentativo di superare se stesso ma anche il mistero negandolo.

E in quell’inferno nichilista, dove il buio è divorante per via della straziante oscurità della stella nera, il teschio simulacro di un’antica e fallimentare civiltà dei lumi ci rivela che la sua proposta cela inconsapevolmente l’eterno ritorno della propria fine da celebrare con un ultimo, estremo canto.

Ed è proprio un suo prodotto, una star demoniaca, un artista stregone, una blackstar che ce lo rivela coraggiosamente e amaramente, dopo aver letto in se stesso e nel libro della propria vita la finitudine di una meteora pur illudendosi di poter muovere ancora un pubblico di ombre dannate, tremanti e regredite di un’umanità ammalata patologicamente di illusioni.

 

Share Button

Mauro Carabelli

Giornalista

Lascia un Commento

L'indirizzo email non verrà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *