0

Contratti, ingorgo politico e sindacale, sfida contro il tempo

 

images

A gennaio mosse decisive per sciogliere nodi importanti dell’immediato futuro

di Franz Foti

Si sono accumulati troppi ritardi nell’azione politica e sindacale e non c’è più tempo per rinvii di alcun genere. Il risveglio dell’economia e il timido superamento della recessione vanno incrociati con strumenti nuovi e mentalità cooperante. I vecchi arnesi del conflitto e delle sterili contrapposizioni acuiscono il disincanto e il disprezzo per il potere, ovunque si manifesti. L’attesa inconcludente sarebbe imperdonabile. Vanno risolti alcuni temi importanti della politica, dell’occupazione, della competitività delle imprese, della produttività del lavoro e delle forme della rappresentanza. Sotto il profilo sindacale sembrano delinearsi alcuni aspetti da approfondire ed è possibile che parte di essi rientrino già nel patto di governo d’inizio d’anno.

Primo: si presenta una questione di carattere strutturale che riguarda il contratto nazionale di lavoro. C’è chi sostiene che debba essere preminente la sua valenza nazionale, chi intende superarlo a vantaggio di quello territoriale e aziendale e chi ritiene che un giusto equilibrio fra le due posizioni risponda meglio alle dinamiche dei bisogni produttivi, professionali e sociali.

Secondo: è stata posta politicamente una questione riguardante le modalità di accesso al lavoro nel triennio di avviamento, simile all’apprendistato, con un periodo di prova più prolungato e con la possibilità di ricorrere alla “non assunzione” del lavoratore in caso d’inadeguatezza professionale. Si tratterebbe di flessibilità in entrata nel mondo del lavoro attivando la deroga all’applicazione dell’art. 18 in materia di licenziamenti, indipendentemente dalla quantità di dipendenti presenti in un’azienda.

Terzo: sempre in chiave politica, si è proposto di eliminare la Cassa Integrazione Guadagni (CIG) da sostituire con una sorta di salario sociale, a copertura biennale, accompagnato da formazione orientata al reinserimento lavorativo, attivando, migliorando e integrando le funzioni di collocamento, Agenzie del Lavoro, con altre strutture di facilitazione e avviamento lavorativi. Sembra altresì che questa forma di sostegno sociale debba essere estesa a chiunque, disoccupato o inoccupato che sia. Altri sostengono il mantenimento della CIG e, semmai, l’estensione a tutti i settori di lavoro e a ogni forma di disoccupazione.

Quarto: si pone il problema contestuale delle forme della rappresentanza, da taluni invocata per legge, mentre altri la vorrebbero affidare alla negoziazione fra le parti sociali, associazioni datoriali e sindacati dei lavoratori. Questo problema, come per altri aspetti, richiama la questione della rappresentanza nei periodi di inattività, sia per i dipendenti sia per i disoccupati e il variegato universo della precarietà. In questo ambito di problemi si potrebbe collocare anche il tema della rappresentanza dei lavoratori all’interno degli organismi della gestione d’impresa.

Dunque ci sono aspetti che toccano governo e parlamento, con le loro procedure, i loro tempi e i gli innumerevoli conflitti, e temi di stretta pertinenza negoziale delle parti associative. Chiarezza dei contenuti e corsa contro il tempo produrranno conseguenze sulle sorti dell’economia, delle imprese e degli interessi dei lavoratori ed è importante che ci sia la consapevole convergenza di tutti gli attori in campo. Ritardi, arroccamenti conservatori, pregiudizi ideologici e decisioni non pertinenti alla centralità del lavoro e dell’occupazione creerebbero ulteriori momenti d’instabilità economica, sociale e politica.

Per il momento limiterei la riflessione sulla struttura del contratto nazionale (primo punto). Innanzi tutto manterrei, aggiornandola, la funzione del contratto nazionale di lavoro perché: rappresenta il “legante” sociale e professionale di differenti situazioni geografiche, economiche e politiche; tutela il ruolo sociale ed etico del lavoratore  e dell’impresa secondo i cardini stabiliti dalla costituzione, che pone al centro dell’agire la dignità della persona e dei suoi valori; tutela il potere d’acquisto dei lavoratori che dovrebbero sostenere i bisogni famigliari secondo i principi del giusto e dignitoso compenso sussistenziale; determina le condizioni generali delle regole in difesa del potere d’acquisto delle retribuzioni – soprattutto in presenza di vincoli interni e internazionali economici e di mercato – della salute e della libertà e pluralità sindacale, garantendo altresì l’efficacia obbligatoria per tutti gli appartenenti alle categorie interessate. In sostanza il CCNL rappresenta un garante e un equlibratore delle dinamiche sociali, professionali ed economiche dei lavoratori di un paese articolato come il nostro.

In secondo luogo il CCNL è un saldo punto di riferimento nazionale se si considerano gli andamenti di mercato, la politica dei prezzi e del credito. Salvaguardia importante se si aggiungono i continui sussulti prodotti dalle innovazioni tecnologiche e dalle normative europee ed extra europee, che impongono rapidi adattamenti e mutamenti di strategie industriali, di processi produttivi e di dinamiche del costo del lavoro. Contratti locali e soggettivi difficilmente potrebbero fronteggiare gli urti della globalizzazione.

Forse sarebbe conveniente mantenere l’impianto generale del CCNL nell’ottica di una diversa incidenza dei due livelli di contrattazione. Si potrebbe assegnare alla dimensione nazionale la destinazione del 60% della remunerazione del lavoro – base civica sussistenziale e professionale -  e il 40% alla contrattazione territoriale e aziendale. Nella contrattazione aziendale, oltre al salario di produttività, di area, di gruppo e individuale, riserverei una parte della retribuzione alla remunerazione del merito soggettivo che esula dall’ambito della produttività pur se abbastanza contiguo ad essa. Merito che non si lega ai megafattori della dinamica salariale, né a quelli di mercato o di settore o d’impresa. A questa parte di remunerazione assegnerei il 10 o il 15 per cento di salario riservato alla contrattazione di secondo livello. Remunerazione i cui criteri e pesi retributivi dovrebbero essere negoziati sindacalmente onde evitare distorsioni, degenerazioni e clientelismo. In questo modo si potrebbe raggiungere il giusto equilibrio contrattuale con uno spostamento sulla prestazione professionale soggettiva che rappresenta un decisivo differenziale qualitativo rispetto a quella di lavoratori di molti altri paesi.

Share Button

Mauro Carabelli

Giornalista

Lascia un Commento

L'indirizzo email non verrà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *